Negli “Yoga Sutra di Patanjali” è scritto che il sentiero verso l’illuminazione si compone di otto passi. Non si tratta di passaggi separati da eseguire in ordine, ma di percorsi simultanei che si intrecciano e conducono al samadhi, l’illuminazione.
Gli otto passi dello yoga, rappresentano le qualità necessarie allo yogi per chiarire la mente, sviluppare la percezione e raggiungere l’autorealizzazione e nonostante lo Yoga Sutra sia un testo molto antico, rappresentano ancor oggi uno schema estremamente utile e attuale per comprendere e praticare lo yoga.
Nel dettaglio sono: yama, niyama, āsana (le posizioni), prāṇāyāma (il controllo del respiro), pratyāhāra (il ritiro dei sensi), dhāraṇā (la concentrazione), dhyāna (la meditazione) e samādhi.
I primi due passi, yama, le astensioni ossia “ciò che non si fa” e nyama, le osservanze ossia “ciò che si fa” hanno molta importanza e nella pratica che propongo cerco di rispettarli e di invitare gli allievi a fare altrettanto.
Gli Yama sono cinque “astensioni”, “freni” che servono a regolare i rapporti con l’ambiente e con gli esseri che vivono in esso, regolano la condotta dello yogi nella vita sociale. Da un lato impediscono il disordine e la prevaricazione, l’ordine in senso lato, dall’altro evitano l’intossicazione psicologica che si determina nel caso di comportamenti violenti o dominati dalle pulsioni. Comprendono la non-violenza (ahimsa), la sincerità (satya), l’onestà (asteya), la moderazione sessuale (brahmacharya) e la mancanza di avidità (aparigraha).
I Niyama sono cinque “osservanze”, “discipline”, regole di condotta individuale per migliorare sé stessi e sono pulizia (sauca), contentezza (samtosha), austerità (tapas), studio dei testi (svadhyaya), devozione (shvarapranidhana).
Cominciamo dunque a parlare di Ahimsa, la Non Violenza
Praticare Ahimsa significa fare proprio l’ideale di non ferire gli altri e di avere un comportamento amorevole verso tutti. Significa in primis non uccidere, ma anche non ferire verbalmente, non avere un atteggiamento aggressivo nei confronti di alcuno. Questo atteggiamento non violento, va adottato nei confronti degli altri ma anche di se stessi.
Nella pratica dello yoga è importante comprendere che la vita che scorre nelle nostre vene è la stessa che fluisce nelle vene di ogni altra creatura. Lo yoga ci insegna che siamo UNO con il TUTTO, siamo interconnessi gli uni con gli altri, siamo tutti parte di questa vita che scorre come un fiume. Sviluppata questa consapevolezza di unità, non possiamo non comprendere che se facciamo del male agli altri facciamo del male a noi stessi e viceversa.
Praticare Ahimsa significa anche avere rispetto per la natura nella consapevolezza che siamo profondamente iterconnessi con essa.
La pandemia COVID-19 che stiamo vivendo ci sta prepotentemente mostrando quanto questa interconnessione sia forte, ci sta anche mostrando come ogni nostro singolo gesto sia importante per mantenere quel delicato equilibrio che chiamiamo salute. Ci stiamo accorgendo di come la nostra salute sia connessa con lo stato di salute dell’intero pianeta.
Ahimsa diventa quindi rispetto assoluto e amore per la vita e per la natura. L’individuo in pace con se stesso è in pace con gli altri e con l’ambiente in cui vive.
Come possiamo realizzare il primo yama nei confronti di noi stessi, sul nostro materassino, nella pratica quotidiana? Per quanto riguarda la pratica delle asana, un atteggiamento di non offesa significa non fare violenza al proprio corpo, ossia non oltrepassare il proprio limite al fine di non arrecare dolore e poi danno al corpo stesso. Infatti nella pratica che propongo insisto molto sullo sviluppare un atteggiamento di rispetto e di accettazione nei confronti dei propri limiti. Questo atteggiamento passa attraverso l’ascolto attento del corpo e una buona dose di pazienza, ma ritengo che sia un grande insegnamento da mettere in pratica in ogni piccolo o grande gesto quotidiano.
Patanjali dice: “Colui che sì è confermato non uccisore, alla sua presenza tutte le inimicizie cessano”.