Più volte con Marinella, Psicologa e Psicoterapeuta, ci siamo confrontate in merito alla pratica dello hatha yoga e delle profonde interconnessioni con la terapia della Gestalt.
Le nostre riflessioni si sono spesso soffermate sull’importanza del lavoro sul sentire corporeo proposto sia dalla millenaria pratica donataci dall’India, sia dalla più giovane psicoterapia della Gestalt.
Il corpo è la porta, il sentire è la chiave.
Aprire questa porta ci consente di accedere con consapevolezza al misterioso microcosmo che ognuno di noi è.
Sentire è il terreno, lo sfondo su cui si poggiano e prendono forma la nostra esperienza di pratica, le nostre emozioni, i nostri pensieri e le nostre azioni. Fare affidamento su questo terreno, aprirci all’esplorazione delle sue numerose possibilità, ci permette di imparare ad assaporare la vita così com’è, ritrovando una maggiore consapevolezza nell’agire quotidiano.
Molte esperienze con allievi e pazienti confermano che le tensioni bloccano il nostro sentire, disperdendo le nostre energie e impedendoci di focalizzarci sui nostri obiettivi. Un corpo teso o una forma rigida di pensiero frenano lo scorrere del prana e la capacità di trovare soluzioni creative. Quando questo accade i nostri movimenti e i nostri pensieri finiscono per seguire schemi predefiniti, facendoci spesso ricadere nelle solite situazioni che conosciamo e che ci mettono in difficoltà. Tuttavia in questo mondo rumoroso e ricco di stimoli, dove il silenzio e la possibilità di concentrarsi sono merci rare, ascoltarsi è un’impresa ardua.
A partire da queste riflessioni, comprendiamo l’importanza e la necessità di proporre pratiche che aiutino a sensibilizzare la capacità di ascolto di sé, soffermandoci in particolare su tre parole: sentire, assaporare e agire.
Sentire
“Sentire è la chiave della sādhāna” (Gioia Lussana)
Sentire presuppone l’intenzione di creare un collegamento con sé stessi e di assumersi la responsabilità degli eventi della propria vita e richiede la capacità riconoscere sensazioni ed emozioni che si manifestano attraverso il corpo fisico.
Sentire è la possibilità di mettere in relazione mente e corpo nel momento presente. Le moderne neuroscienze, così come lo yoga e la meditazione Mindfulness, affermano l’importanza dell’interazione tra queste due dimensioni affinché si possa beneficiare di uno stato di buona salute fisica e mentale. Siamo così presi dal dare importanza ai nostri processi mentali, da trovarci spesso a sminuire il valore delle nostre sensazioni. Pensiamo per esempio all’abusata espressione “agire con la testa o di pancia”, dove la prima parte mette in luce un processo nobile di scelta attraverso la razionalità, mentre la seconda indica un processo emozionale a cui viene attribuito uno scarso valore.
Spesso dimentichiamo che, come esseri umani, la nostra capacità di pensare non si sviluppa se non dopo gli 8-10 anni e che il nostro cervello continua il suo processo maturativo fino intorno ai 18-20 anni, mentre i nostri sensi sono attivi e allenati fin dalla vita uterina – almeno alcuni di essi. A mano a mano che le nostre facoltà mentali si perfezionano, esse non sostituiscono il nostro modo di percepire la realtà, semplicemente lo trasformano. Nonostante ciò, il sentire, e la percezione affettiva che ne deriva, rimane primario, il primo strumento pre-cognitivo che abbiamo per conoscere noi stessi e l’ambiente (persone e oggetti) che ci circondano.
La pratica dello hatha yoga, così come alcune pratiche psicoterapeutiche che favoriscono l’emergere di una consapevolezza corporea, permettono di trasformare l’esperienza del sentire in un’esperienza di contatto: con il proprio mondo interno, oltre che con il mondo esterno.
La pratica dello yoga, così come la meditazione Mindfulness e alcune pratiche psicoterapeutiche sostengono lo sviluppo di connessioni forti tra la corteccia cingolata posteriore, la corteccia cingolata dorsale anteriore e la corteccia prefrontale dorsolaterale, che, sulla base di numerose ricerche scientifiche (tra queste quella di Brewer et alt., 2011), permette di sviluppare una capacità di auto-monitoraggio che ci aiuta a dare un senso a ciò che sentiamo, trasformandolo in chiari: emozioni, pensieri e azioni.
La pratica delle asana, sciogliendo le tensioni muscolari, aumenta l’afflusso sanguigno nei muscoli periferici, in quelli del tronco e in quelli lisci degli organi viscerali, stimolando così il sistema nervoso autonomo parasimpatico, che stimola la quiete, il rilassamento, il riposo, la digestione e l’immagazzinamento di energia.
Assaporare
“Lo yogin è un rasika ossia colui che assapora con partecipe attenzione il gusto della vita così com’è” (Gioia Lussana)
Il sapore della vita si trova nella capacità di accogliere, masticare, assaporare e digerire esperienze; esse vanno innanzitutto accolte come una mamma accoglie il proprio bambino, a braccia aperte. È importante farlo con tutti gli eventi, sia con quelli piacevoli sia con quelli spiacevoli, ossia con quelli di cui faremmo volentieri a meno. La distinzione tra esperienze piacevoli e spiacevoli è valida solo a livello superficiale, a livello profondo sono tutte in ultima analisi benefiche, perché ci spingono verso un’esplorazione di noi stessi, e vanno pertanto vissute.
L’invito è quello di assaporare ogni momento come se fosse un piatto, gustandolo fino alla fine; ognuno ha il proprio metodo: c’è chi ne sente prima il profumo, chi ne ammira l’accostamento dei colori e magari scatta anche una fotografia, chi comincia dalla parte che ama di meno per dedicarsi poi alla parte preferita e chi procede al contrario gustando subito la parte migliore, ciò che conta è masticare lentamente e finire il piatto, poiché ciò che avanziamo ci verrà riproposto nel pasto successivo.
Le situazioni vanno infine digerite per assorbirne tutti i nutrienti, per farle nostre e diventare parte di noi.
Assaporare ogni singola esperienza significa assaporare la vita.
Questo è vero sia per la tradizione yogica che per la Mindfulness e in parte lo è anche nella visione psicoterapeutica, nella quale tuttavia viene contemplata anche la possibilità di rigettare un boccone se, mentre lo mastichiamo, ci accorgiamo che per noi risulta sgradevole e/o indigeribile. Il sentire precedentemente sviluppato, ci aiuta quindi a comprendere mentre assaporiamo un’esperienza, se questa fa per noi, oppure no.
Agire
“Nessuno, infatti, neanche per un solo istante, può rimanere inattivo” (5 II° lettura Bhagavadgitā)
Agire è l’azione attraverso la quale rendiamo visibile al mondo la nostra intenzionalità, cioè quel processo interno che, portando consapevolmente attenzione al sentire, nell’assaporare ogni esperienza, ci permette di diventare, giorno dopo giorno, la forma migliore di noi stessi.
Lo yoga, la Mindfulness, la psicoterapia non sostengono la trasformazione dell’individuo nel senso di cambiarlo completamente, bensì supportano la piena realizzazione del Sé/sé. Aiutano cioè la persona a diventare pienamente e consapevolmente se stessa, così come il seme di un fiore di girasole, se curato, concimato, annaffiato, ecc… durante il suo periodo di crescita, non può che diventare uno splendido fiore di girasole e non una rosa.
L’azione consapevole si differenzia profondamente dalla reazione istintiva e per questo rende la persona libera di scegliere, portando e affermando se stessa nel mondo. Stare nella situazione, permettendoci di esplorarla, ci consente di assumere coscientemente una posizione non impattante sul nostro fisico durante la pratica dello yoga e della Mindfulness, così come ci sostiene nel decidere deliberatamente di fare un movimento o di dire qualcosa in un determinato momento, senza essere condizionati dalle nostre esperienze precedenti.
Agire consapevolmente non è qualcosa che possiamo fare solo durante la pratica o nella stanza della psicoterapia, anche se questi sono i luoghi in cui tale modalità può essere esercitata e appresa; perché divenga parte di noi, dobbiamo necessariamente allenarla in ogni possibile contesto.
Per questo, durante le lezioni è sempre utile ricordare agli allievi l’importanza di portare la pratica fuori dal materassino, ossia di applicare gli insegnamenti dello yoga all’agire quotidiano. Infatti la pratica non può rimanere confinata a un’ora o due la settimana.
Se siamo disposti a metterci in gioco sul serio e quindi ad essere costantemente attenti, presenti e in ascolto rispetto a ciò che stiamo vivendo, ogni nostra azione diventa yoga! Quando portiamo l’attenzione al processo (sentire, assaporare, agire) diventiamo consapevoli e mindful: nel mangiare, nel vestirci, nel parlare, nello stare con gli altri, insomma, in ogni nostro gesto quotidiano.
La Bhagavadgita, testo sacro appartenente al mondo induista, è un invito all’azione in quanto, ci dice che è impossibile non agire, poiché anche il “non agire” è un’azione. Noi siamo sempre e costantemente in movimento e attraverso di esso, anche solo respirando, oppure assumendo una determinata espressione sul viso, così come una postura, influenziamo sia il modo in cui osserviamo il mondo, sia il modo in cui siamo siamo influenzati da esso. Ciò che dobbiamo domandarci è dunque: ”Quando e quanto le nostre azioni sono consapevoli? Quando e quanto sono invece azioni meccaniche, frutto di abitudini, condizionamenti o desideri indotti dall’esterno?”. “Quando lasciamo che le esperienze passate condizionino le nostre risposte nel presente?”.
Nasce così l’idea di proporre questo ciclo di tre incontri fondamentalmente esperienziali di pratica di hatha yoga e mindfulness:
1° incontro – 23 aprila – Sentire: la chiave della pratica
2° incontro – 21 maggio – Assaporare la vita: che gusto ha il presente?
3° incontro – 18 giugno – Agire: curiosità e meccanicità
Gli incontri si svolgeranno all’aperto – in location da definire – poiché abbiamo constatato, in precedenti seminari, quanto il contatto con la natura migliori anche la connessione con se stessi.
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