Imparare a gustare la vita
Il secondo nyama, dopo saucha, è samtosha, ossia l’essere contenti di ciò che la vita ha da offrirci, l’essere in pace trovando appagamento anche nelle difficoltà, che diventano uno straodinario strumento per apprendere costantemente.
A volte samtosha viene tradotto con la parola accontentarsi, questa traduzione non mi piace molto in quanto nella mia testa questo termine si porta dietro affermazioni del tipo: “Non è proprio quello che voglio ma me lo faccio piacere”.
In realtà mettere in pratica questo nyama significa proprio essere felici con quello che c’è, piuttosto che essere infelici per ciò che non c’è, ossia essere appagati “nonostante tutto”… Il che è molto diverso rispetto al mero accontentarsi.
La consapevolezza che sta alla base di questo atteggiamento è che ogni circostanza è un’opportunità di crescita ed è spesso curioso scoprire come quella che inizialmente avevamo etichettato come una situazione fortunata si sia poi rivelata non troppo fortunata, o viceversa un evento che avevamo ritenuto nefasto abbia in realtà portato cambiamenti interessanti nella nostra vita. E’ chiaro che è sempre il nostro atteggiamento che fa la differenza, il punto di vista da cui guardiamo le cose e gli avvenimenti.
Per mettere in pratica questo nyama, è fondamentale avere la consapevolezza che siamo noi a fare la differenza, ossia che la contentezza di cui ci parla Patanjali nei suoi Yoga Sutra parte da dentro, è gioia profonda, ben radicata dentro di noi, stabile, ferma, come una fiammella al riparo dal vento.
Qualsiasi cosa la vita ci abbia dato siamone assolutamente contenti perché il sapore della vita si trova proprio nella capacità di accettare, assaporare e digerire ogni situazione.
Le esperienze che l’esistenza ci propone vanno innanzitutto accolte come una mamma con il proprio bambino: a braccia aperte. È importante adottare questo atteggiamento con tutti gli avvenimenti, sia piacevoli sia spiacevoli, ossia di cui faremmo volentieri a meno, infatti questa distinzione è valida solo a livello superficiale, a livello più profondo tutte le esperienze sono buone e vanno vissute.
Ogni evento deve poi essere assaporato come se fosse un piatto, va gustato fino alla fine, ognuno ha il proprio metodo: c’è chi ne sente prima il profumo, chi ne ammira l’accostamento dei colori e magari scatta anche una fotografia, chi comincia dalla parte che ama di meno per dedicarsi successivamente alla parte preferita e chi procede al contrario gustando subito la parte migliore, quello che conta è masticare lentamente e finire la portata, poiché ciò che avanziamo ci verrà riproposto nel pasto successivo. Le esperienze vanno infine digerite per assimilarne tutti i nutrienti, per farle diventare parte di noi.
Lo yoga, come sempre, ci offre la possibilità per mettere in pratica questi concetti: con lo hatha yoga, intervenendo sul corpo fisico, andiamo ad agire ad un livello più profondo, sulla nostra mente e sul nostro spirito; con questa consapevolezza possiamo semplicemente sorridere, possiamo sorridere con il viso, con il corpo, possiamo sorridere durante la pratica, magari proprio mentre eseguiamo quell’asana che ci fa tanto faticare, possiamo sorridere ogni volta che lo decidiamo e… vedere di nascosto l’effetto che fa…
Guarda che ti vedo: stai già sorridendo!
In merito all’importanza del sorriso ho registrato la Meditazione del sorriso, la trovi qui sotto. Buona pratica