Sempre più spesso i miei allievi mi riferiscono stupiti le sensazioni che provano durante il rilassamento finale in savasana. A riportarmi questi rimandi sono soprattutto allievi che praticano hatha yoga da due o tre anni, insomma praticanti che possiamo definire rodati, per quanto nello yoga siamo sempre principianti. Questo a conferma del fatto che savasana, a differenza di ciò che si pensa, non è una posizione “facile”, non è sufficiente sdraiarsi a pancia in su sul materassino per realizzarla, ma va imparata proprio come tutte le altre posizioni.
Savasana ci da la possibilità di imparare l’arte del rilassamento spesso scoprendo piccole o grandi tensioni sparse qui e là nel corpo che con grande pazienza possiamo lasciare andare, ma impariamo anche ad accettare tensioni che persistono nonostante il nostro intento di lasciarle andare.
Quello che ho imparato io da questa asana è che al corpo non possiamo imporre di rilassarsi, possiamo solo dargliene la possibilità.
Savasana letteralmente significa posizione del cadavere ma la si sente anche chiamare posizione del rilassamento, io la chiamo anche posizione di colui che riposa. Uno dei testi fondamentali dello Hatha Yoga, l’HATHAPRADIPIKA di Svatmarama a proposito di savasana dice:
Giacere supini al suolo come un cadavere. Questa posizione elimina la fatica e apporta riposo mentale.
Infatti può essere praticata all’inizio della lezione ma sicuramente alla fine, è il momento più importante di una sequenza, mi piace definirlo il “momento della raccolta” ossia rappresenta il momento in cui raccogliamo i frutti di tutta la pratica, la stasi fondamentale per fissare i benefici, fisici ed energetici della lezione.
In savasana lasciamo andare le tensioni, ci abbandoniamo alla terra con la fiducia che la terra ci sostiene, ci lasciamo andare in un rilassamento vigile dal quale usciamo profondamente rigenerati.
Possiamo concederci anche il lusso di praticare, in un momento in cui si sentiamo particolarmente stanchi, esclusivamente savasana e goderci il rilassamento.
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